L’orientamento della Consulta in materia di indennizzo per danni da vaccinazioni non obbligatorie
La Corte costituzionale, sentenza 26 maggio – 23 giugno 2020, n. 118 ha confermato quanto già sostenuto in passato dalla Suprema Corte chiarendo che le somministrazioni di vaccini non rientranti tra quelle obbligatorie, nel caso in cui fossero state fortemente consigliate dagli organi di governo o dalle istituzioni, sono da assimilarsi alle vaccinazioni imposte per legge e, dunque, indennizzabili ai sensi della legge n. 210/1992.
In più di un’occasione, infatti, la Consulta ha assimilato le vaccinazioni obbligatorie con quelle raccomandate specificando che “nell’orizzonte epistemico della pratica medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo, cioè la tutela della salute (anche) collettiva. In presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò di per sé rende la scelta individuale di aderire la raccomandazione obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli”.
Con ciò la campagna di vaccinazione anti–Covid19, che ad oggi prevede l’obbligatorietà solo per limitate fasce di cittadini, essendo stata fortemente raccomandata dalle istituzioni italiane configura senza ombra di dubbio l’obbligatorietà dell’indennizzo ai sensi della legge n° 210/1992 sia per i soggetti obbligati che per quelli non direttamente obbligati.
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